Ritmi del linguaggio e funzione corticale
ROBERTO COLONNA
NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 13 giugno 2020.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia).
Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società,
la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste
e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Quando ascoltiamo qualcuno con l’intenzione di indovinarne
la provenienza, in genere, facciamo caso alla pronuncia di vocali e sillabe caratteristica
o distintiva di un’area del paese, di uno degli idiomi locali o delle vere e
proprie lingue che si parlavano sul territorio nazionale fino al 1861 o,
meglio, fino a quando la commissione manzoniana proclamò l’italiano lingua del
Regno d’Italia e declassò tutte le altre parlate al rango di dialetti. Eppure,
accade spesso che, anche se il parlante pronuncia quasi tutti i fonemi secondo
lo standard della maggioranza, possiamo subito dire: “È Veneto, è Siciliano, è
Piemontese, è Toscano, è Napoletano, è Milanese…”. Come facciamo? Molti non
sanno dirlo e, se si pone loro la domanda, cominciano a pensarci e a razionalizzare
un’operazione che hanno compiuto in modo del tutto automatico. Il fattore
decisivo per questo riconoscimento spontaneo sembra essere la prosodia, nelle
sue componenti ritmica e melodica. Specifiche branche della linguistica si sono
occupate nel tempo dello studio di aspetti diversi della componente prosodica
dell’esecuzione individuale della lingua che accomuna i parlanti –
secondo la celebre definizione di “parola” data da Fernand De Saussurre – ma è stato finora carente lo studio scientifico
di questo aspetto della comunicazione verbale.
Infatti, il riconoscimento della lingua parlata è
stato quasi sempre studiato focalizzando l’attenzione sulle parole o sulle
unità acustiche e grafiche che le costituiscono, ossia sostanzialmente fonemi,
morfemi e grafemi, e solo di recente si è cominciato a indagare nella
comprensione e nella produzione il ruolo di quella che è stata definita la “mesoscala temporale” della lingua verbale, così come viene
da noi eseguita nella vita quotidiana. In particolare, sono state analizzate le
regolarità nella configurazione del segnale acustico che sono in correlazione
con l’informazione sillabica e svolgono un ruolo nei processi di percezione e
produzione.
(David Poeppel
& M. Florencia Assaneo, Speech rhythms and the
mouse nucleus accumbens. Nature
Reviews Neuroscience 21, 322-334, 2020).
La provenienza
degli autori è la seguente: Department of Neuroscience, Max Plank Institute,
Frankfurt (Germania); Department of Psychology, New York University, New York,
NY (USA).
Poeppel e Assaneo
esaminano gli studi effettuati in mesoscala
temporale, in particolare discutono le regolarità evidenti nei grafici che
rappresentano la configurazione ADSR (attack,
decay, sustain e
release) o envelope, tradotta in italiano,
nella teoria musicale, col termine poco felice di “inviluppo”, e sostanzialmente
definibile come il volume nel tempo del suono prodotto. Le regolarità di
questo parametro del segnale acustico sono in stretta correlazione con l’informazione
sillabica ed è stato dimostrato che hanno un ruolo centrale nella percezione e
nella produzione della parola.
La struttura temporale del linguaggio verbale in mesoscala
è rilevantemente stabile fra lingue nazionali diverse, con un intervallo
ritmico preferenziale collocabile fra 2 e 8 Hz. Tale ritmicità è molto importante
in quanto è richiesta dai processi sottostanti la costruzione di espressioni
articolate intellegibili.
Una grande mole di lavoro attualmente in corso in tutto il mondo sta concentrando
l’attenzione sulle interazioni audio-motorie nel linguaggio[1], sottolineando l’evidenza neurale e
comportamentale che dimostra come le proprietà dei sistemi motori e percettivi,
così come le loro interazioni, siano alla base dei ritmi del parlato in mesoscala.
Il complesso dei dati emersi da questi studi suggerisce l’ipotesi che la corteccia
motoria del linguaggio sia particolarmente modellata come un oscillatore
neurale. Tale visione concorda con le numerose proposte recenti di ritenere
fondamentale il ruolo delle oscillazioni nei processi neurofunzionali alla
base della percezione e della cognizione.
I risultati degli studi recenti consentono anche di considerare le teorie
motorie del linguaggio in una luce diversa, tenendo conto di nuovi vincoli di
meccanismo per l’apparentemente troppo schematica interfaccia
azione-percezione.
L’autore della
nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza, e invita alla
lettura delle recensioni di studi di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare
il motore interno nella pagina “CERCA”).
Roberto Colonna
BM&L-13 giugno 2020
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Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come
organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Saur D. et al. Ventral and dorsal pathway for
language. PNAS
USA 105, 18035-18040,
2008. È stato fra i primi studi a fornire evidenze anatomiche precise dell’esistenza
per l’elaborazione del linguaggio di due distinte vie: dorsale e ventrale.